Avanti i peggiori!

Già nel secolo XIX circolava una parola che oggi sembra ritornata nell’uso comune, per indicare il governo dei peggiori. Il termine, coniato con il superlativo di cacòs, cachistos appunto) è cachistocrazia, la dominanza appunto degli elementi più indigeribili che il mondo politico riesce ad allevare nel proprio seno. L’Ottocento, come in tanti ricordano, è il secolo della democrazia, ma mentre questa forma di governo incomincia ad affermarsi non manca chi, come un poeta americano, James Russel Powell, prospetta il timore che il governo del popolo o dal popolo e per il popolo possa tradursi in una cachistocrazia, nel prevalere cioè di furfanti e imbroglioni a danno di chi, ignaro e inconsapevole, ne ha favorito la scelta elettorale. Se poi si allarga il campo di osservazione, è impossibile non prendere atto che il peggio va prevalendo nella società contemporanea, specie in quelle liquida di Bauman, un po’ in tutte le sue componenti. Il leit motiv del peggiore come trend del nostro tempo si fa strada a stento contrastato. Per questo si può parlare di peggiore stampa, di pessimi social e di volgarità diffusa e orgogliosa, spesso rivendicata come titolo di merito. Un rovesciamento di valori si accompagna alla cachistocrazia a tutto spettro. Quello che un tempo era solo bon ton oggi è visto come manifestazione di debolezza, la filantropia è bocciata come buonismo, la democrazia come forma superata di governo, con il corollario della denigrazione del parlamento e delle altre istituzioni rappresentative, fino a chiederne il ridimensionamento radicale, incominciando dal numero dei parlamentari. Meglio fermarsi qui, per chiedersi se questi atteggiamenti cachistocratici hanno un inventore o un personaggio anche mitologico al quale farli risalire. Il ricorso a quella grande miniera di informazioni sul mondo antico, e cioè i poemi omerici, è inevitabile e illuminante. Nell’Iliade c’è un personaggio di nome Tersite. Per sua sfortuna è un povero zoppo, deforme, repellente, tutto il contrario dei vari Agamennone, Achille, Ulisse, per non parlare del troiano Paride in grado di far sua la donna più bella del tempo. Per questo non gli rimane che atteggiarsi a ribelle nei confronti dei potenti monarchi impegnati nella guerra contro Troia per riportare Elena a Sparta da Menelao, il marito legittimo. E ne dice di cotte e di crude contro il capo della spedizione, il re dei re Agamennone, forse sperando di sollevare una rivolta da strumentalizzare poi a suo vantaggio. Ma si scontra con Ulisse, che lo rimprovera e condanna con parole durissime, rinfacciandogli di essere invidioso, lui così brutto a vedersi, degli altri eroi e di parlare con odio perché mai potrà essere un Aiace, tanto per fare un esempio. Il poveraccio viene scacciato e additato al pubblico ludibrio. Ma dopo secoli gli verrà riconosciuta l’importanza di aver dato vita al tersitismo, appunto all’opposizione rancorosa verso tutto ciò che è bello e valoroso. E si arriverà al punto che Norberto Bobbio si servirà di lui per parlare di tersitismo culturale, suscitando la reazione di Fernando Adornato. Ma Tersite avrà un altro motivo di gloriarsi: persino Concetto Marchesi, comunista, farà di lui il prototipo dell’antieroe, di colui che non esita a mettersi contro i potenti per affermare i diritti (?) dei più deboli. In ogni caso Tersite rimarrà titolare di una brutta nomea. Nel suo nome i più racchiudono tutti i motivi del rifiuto inconsulto della bellezza, del coraggio e di tutto l’armamentario tipico delle società eroiche, dove nell’eroe bellezza fisica e valore morale sono un tutt’uno. Il contrario di oggi, penserà qualcuno. Non a torto. Tersistismo e cachistocrazia sono il terreno di coltura molto frequentato in questo clima di forsennata antidemocrazia, camuffata da populismo che, con tuti i suoi limiti, è tutt’altra cosa (che qui non dato trattare). Trionfa un’orgogliosa barbarie, direbbe Alessandro Baricco, un cattivismo dilagante ad ogni livello. Per chi ama il calcio, sentir spiegare una sconfitta con il fatto che non si è stati abbastanza cattivi è deprimente e non più accettabile. Nemmeno quando si accampa come scusa il fatto che il patrimonio lessicale non solo degli sportivi è molto ridotto di questi tempi. Oggi appare irrinunciabile mostrare i denti, demolire l’avversario specie se migliore di noi, andare a rovistare nella vita di tutti per trovare qualcosa di lercio e poi … Poi forse non basta denunciare e lamentarsi, ma per ora almeno non si vede tanto coraggio in giro da additare i responsabili di tanto grado assurti alla funzione di capi e leader, per la quale un tempo non lontano si richiedevano doti e qualità oggi condannati all’oblio.

Enrico Esposito