Un referendum e tanti padroni

Diciamo la verità il referendum sulle trivelle, com’è stato impropriamente definito, ha dato un risultato chiaro e inequivocabile. Un deludente 32% è andato a votare, ma l’85% dei votanti ha votato SI’. E’ un segnale importante, per la futura politica energetica del paese. Le forze politiche non possono e non devono ignorarlo. E invece, almeno fino a questo momento maggioranza e opposizioni sembrano intenzionate a parlare d’altro. Come al solito, nessuno si vuole dichiarare sconfitto e tutti si sentono vincitori. Niente di nuovo in tutto questo. E niente di nuovo c’è da registrare nemmeno nell’affannosa e sconclusionata ricerca delle cause che hanno determinato il risultato elettorale. Nello scorporo dei dati demoscopici si legge che il M5S s’è recato alle urne nella misura del 46% circa. Viene da pensare che sia un effetto del cattivo uso della rete o di una sua errata valutazione. Insomma sembrerebbe che i grillini abbiano pensato che bastasse inondare la rete di messaggi e inviti a votare contro le trivellazioni perché questi apparissero come d’incanto nella schede elettorali. Hanno identificato il web con la cabina elettorale. Sorprendente in un movimento che fa della rete il suo habitat naturale. Sul versante opposto solo il 27% s’è recato ai seggi elettorali. E fa senso leggere con quanta iattanza rivendichino questo dato, interpretandolo secondo le proprie convenienze. Intanto non è una prova di senso civico non votare, anche se leggi e norme da rivedere lo consentono. Non è per obbligo di legge che si vota, ma per esercitare il diritto a manifestare le proprie convinzioni attraverso la scheda elettorale. E non è detto che i SI’ vadano interpretati tutti come voto antigovernativo. Chi scrive ha votato SI’, ma non si augura, almeno per ora, la caduta del governo. Le appropriazioni indebite fioccano in questo momento e non c’è rimedio. E’ la solita solfa postelezioni, esito inevitabile di strumentalizzazione di ogni occasione elettorale. In Italia non si riesce a votare senza ricatti politici o sociali. Votare SI’ o no NO è stato presentato come giudizio sul governo, da un lato, come ricatto del lavoro dall’altro. E il quesito refenderario è stato dimenticato. Mentre solo a quello si chiedeva di rispondere al cittadino. Ma il cittadino è rimasto a casa o è andato al mare nella troppo grande maggioranza. Da qui insulti e offese a chi non ha votato, senza escludere il grande rispetto che si ha della gente quando si dice che non ha capito il senso del referendum stesso. Saragat ha perso tante battaglie e se la prendeva con il “destino cinico e baro”, mai con la gente. E Pertini, ricevendo Giuseppe Prezzolini che gli confidava che non aveva mai votato in Italia, si è rimesso in tasca la penna d’oro che gli avrebbe voluto regalare. Cose passate? Certo, ma potrebbero servire da esempio alla classe politica di oggi, se non fosse convinta di aver capito tutto e di rappresentare tutti. E intanto si teme che a ottobre, al referendum sulla avventurosa riforma della Costituzione, possa accadere di peggio.

 

Enrico Esposito