Guai a chi perde! Non c’è tregua per i vinti

Vae victis! un antico adagio, ma anche una legge inesorabile. Chi perde ha sempre torto, in ogni momento, ha torto per quanto accaduto, ha torto per quello che accade ed è in colpa persino per il futuro. Ne sa qualcosa il PD del dopo 25 settembre. E ne sa ancora di più Enrico Letta, ritenuto responsabile di aver consegnato l’Italia alla peggiore destra d’Europa. Non c’è commento o analisi politica che non parta dal presupposto che la politica dele alleanze sbagliate dal PD ha causato la vittoria elettorale del centrodestra, dove la destra conta molto di più del centro, in una coalizione con un leader al tramonto e un altro che deve riguadagnare il sostegno della sua base, ricorrendo a proposte mirabolanti, illusorie e impossibili. Abbiamo per la prima volta un premier donna? La colpa ( o il merito?) è del PD e del suo segretario. Nel governo ci sono elementi e personalità discutibili sotto ogni aspetto: il PD dov’era, che cosa ha fatto? Il governo non decide sulle bollette sempre più care: e il PD che fa, perché non dice che cosa farebbe se fosse alla guida di Palazzo Chigi? Si parla di riforme costituzionali: come risponde il PD, con il malcelato sospetto che presidenzialismo o semipresidenzialismo non sono del tutto sgraditi a parte del partito di Letta, come perversa eredità di renziana memoria? Insomma piove e avremo un autunno e un inverno siberiani? La colpa è del PD. Non si scappa. E’ il destino dei vinti, preludio ad un declino inarrestabile. Bisogna però prendere atto che nel PD tutto sembra affievolirsi. Dopo la scottatura del risultato elettorale, con tutto il suo carico di delusioni, ripicche e propositi riparatori, sembra si tironi ai vecchi giochi di potere, con un congresso rinviato senza ragione alle idi di marzo, con candidati presenti in tutti i talk show, quelli che hanno affiancato in tutte le scelte l’ineffabile Letta e oggi gli addebitano tutti gli errori, cercando di prendere il posto che lo stesso Letta ha lasciato in eredità indesiderata e comunque concupita. Insomma il PD ci sta mettendo del suo, nell’addossarsi tutte le colpe della sconfitta elettorale e dell’incapacità di decidere che cosa vuole fare domani. Ovviamente non manca chi fa notare, dentro il PD, che il partito andrebbe sciolto e rifondato su basi nuove e diverse. Sembra una posizione ragionevole. Il PD – è stato detto più volte- è nato da una fusione a freddo tra pezzi della Margherita e gruppi ex PCI. Soprattutto è apparso fin dall’inizio come la sommatoria residuale di due esperienze storicamente concluse, la Dc e il PCI. L’unico collante appariva la pregiudiziale antisocialista. E questo è stato l’errore pi madornale. In tutti i paesi europei e non solo si confrontano due grandi schieramenti, uno conservatore e l’altro socialista. In Italia si è pensato di poter fare a meno dei socialisti e del socialismo. Oggi se ne vedono gli effetti fallimentari. Ci fu un segretario PD, Walter Veltroni , che respinse il contributo socialista con sussiego e sdegno, preferendo imbarcare nella sua nave elettorale radicali e dipietristi. In ossequio sempre alla pregiudiziale antisocialista, malattia infantile e senile del PCI. Rifondare il partito oggi di Letta non può significare altro se non riconoscere che la questione socialista va ripresa e riconsiderata in vista della creazione di un fronte progressista in grado di sconfiggere la destra italiana che sa solo essere reazionaria, illiberale e retrograda, in una parola fascista.

Enrico Esposito