Patria, ultimo rifugio delle canaglie

Una definizione tranchant e forse eccessiva. Non è di chi si appresta a scrivere questa nota, ma del poeta e critico inglese del’700, Samuel Johnson. Un rivoluzionario? Niente affatto, in quanto era un anglicano e un conservatore convinto. Viene qui ricordata perché si parla di patrioti da candidare per il Quirinale, anche se nelle ultime ore la definizione di patriota per un pretendente a dir poco indegno viene citata meno e senza molta convinzione. In ogni caso non è fuori luogo riprenderla per rifletterci sopra sine ira et studio. Il termine patriota di per sé riflette nobili sentimenti, a patto che non lo si associ a improbabili deleteri corollari. Amare la patria é il dovere di tutti, come ricordava Giuseppe Mazzini nel suo celebre Dei doveri dell’uomo. Ma se viene imprigionato nella rete del nazionalismo finisce per perdere l’essenza del suo significato. Patria, a rigore, significa appunto la terra dei padri. In quanto tale va onorata e difesa, ma per Mazzini la patria in quanto tale meglio viene realizzata se considerata parte irrinunciabile del concetto di Umanità. Insomma la patria vera è l’Umanità intera. E di questo erano convinti i martiri della resistenza. Pietro Benedetti, un ebanista di 41 anni, così scriveva ai figli poche ore prima di essere fucilato: “Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.” Non erano certo patrioti quanti venivano mandati ad occupare militarmente altri paesi e a opprimerne le popolazioni. Anzi i patrioti autentici erano sul fronte opposto. I soldati italiani spediti nella dissennata campagna di Russia ricevevano i bollettini del ministero della guerra traboccanti di incitamenti alla difesa della patria. Era inevitabile per loro chiedersi se non erano invece i russi i patrioti, e cioè quelli che difendevano il loro paese. E così in Grecia e in Albania, e ancor prima in Libia ed Etiopia: i patrioti erano quelli che tentavano di respingere la conquista della terra dei loro padri da parte di altre nazioni, non certo gli invasori. Esempi simili ce ne sono a non finire nella storia.

Il termine patriota ha subìto una triste violenza semantica, durante la guerra di liberazione di liberazione dal nazifascismo. I repubblichini di Salò, sede del governo fantoccio agli ordine dei nazisti, si definivi patrioti, perché fedeli all’Italia. Loro, proprio loro che l’Italia volevano consegnare ai tedeschi di Hitler per farne un’oscura provincia dei Terzo Reich. Fu Benedetto Croce allora a chiarire che i i fascisti di Salò erano fedeli al loro Stato, non certo alla patria la cui indipendenza veniva difesa solo dai partigiani.

Oggi il termine patriota viene incautamente ripreso in vista delle imminenti elezioni del Presidente della Repubblica. E’ persino ovvio che un vero patriota debba salire al Quirinale. Non è invece accettabile che si attribuisca una tanto nobile qualifica a personaggi che non “bene meruerunt de re publica” direbbe Cicerone; personaggi dal passato politico vissuto solo alla difesa di interessi personali, all’inosservanza di obblighi fiscali ed altro, tanto da guadagnarsi persino l’esclusione dal parlamento e la penitenza non certo riparatrice dei servizi sociali in luogo della pena da scontare. Che oggi uno di questi, per di più ricchissimo agente di compravendite corruttive di parlamentari, utilizzatore finale, come l’ha definito un suo difensore, di ragazze in fiore, per non dire altro, aspiri al Quirinale fa venire i brividi a tanti. Non meno di quelli che, strumentalizzando l’idea di patria, mandavano i giovani a morire in guerra, con preventiva esaltazione poetica del “chi per la patria muor vissuto è assai.” A scuola ci hanno insegnato che Enea, protetto dagli dei, aveva bisogno di una terra su cui stabilirsi. E venne nel Lazio, facendo del Tevere un fiume rosso sangue. Non era certo lui il patriota, ma Turno, lo sfortunato re dei Rutuli, che difendeva la terra dei padri, al pari dei suoi alleati. Un scontro tra patrie poi avveniva nella Grecia delle poleis, ciascuna con le proprie ragioni. Già, perché se, come diceva Quasimodo, ciascuno ha diritto ad avere una patria, accade inevitabilmente che ogni patria è sacra, cioè inviolabile. E allora ne consegue forse che invocare Dio a protezione degli eserciti patrii, è vieta blasfemia. Dio protegge tutti, perchè dovrebbe schierarsi da una parte, a favore di una sola patria? Ma è risaputo che per chiamare alle armi il ricorso ai concetti risemantizzati di patria, famiglia, libertà et alia ripaga sempre purtroppo. E’ allora il caso di rianimare con nuova linfa il concetto di fratellanza umana, come canta l’inno alla gioia di Schiller, musicato da Beethoven. Se il mondo si convincerà che esiste una sola famiglia, l’Umanità appunto, non avrà bisogno né di patria né di patrioti. Neppure se si tratterà di far salire chicchessia al Colle.

Enrico Esposito