E se fosse solo antiumanesimo?

E se si trattasse solo di antiumanesimo? Si sta confusamente cecando di trovare una definizione dell’attuale momento storico, politico e culturale che soddisfi tutti. Non è certo facile e nessuno si illude che nell’età dello scontento diffuso ed ostentato si possa riuscire nell’impresa. Non si fa nemmeno in tempo a pronunciare le prime parole che scattano immediatamente le obiezioni, i rigetti accompagnati da insulti di ogni tipo. Eppure bisogna provarci, a rischio di dileggio continuato.

La società contemporanea è stata definita in tanti modi: postmoderna, postindustriale, complessa, modernità liquida e via dicendo. Evito di fare citazioni, per non essere tacciato di professoralità, accademismo e quant’altro. Del resto gli informatissimi tastieranti sono sicuri di conoscere alla perfezione le teorie sociologiche degli ultimi anni e i presupposti filosofici da cui nascono. Dicevamo delle diverse definizioni della società del 21esimo secolo: nessuna ha ottenuto consensi tali da costituire la base solida di qualsiasi progetto politico. L’unico denominatore comune è quello del post. Siamo tutti postqualcosa diceva…, no! Avevamo preso l’impegno di non fare citazioni. Andiamo avanti, allora. E lo facciamo affermando con l’apoditticità dominante nei social che questa è un’età antiumanistica. E sfido chiunque a trovare nei discorsi politici, nelle interviste o nei talk show qualcuno che citi mai la parola umanesimo. Una parola che pure rimanda ad un periodo luminoso della storia culturale del Bel Paese. No, non siamo stati i primi creare questa visione del mondo e in questo caso il prima gli italiani non può essere in alcun modo invocato. L’umanesimo è creazione tutta europea, con apporti tedeschi, francesi, olandesi, nella convinzione che bisognasse valorizzare le qualità dell’uomo in quanto tale, non in quanto appartenente a questa o a quella contrada d’Europa, a questo o a quel casato, a questa o a quella religione. L’umanesimo ha ispirato il sogno dell’Europa unita, allora forse facile da proporre perché l’Europa stessa era dilaniata da conflitti e guerre senza fine. Si è comunque andati avanti, fino ad arrivare all’Europa così com’è oggi. Non a tutti piace, ma c’è, e meno male che ci sia. Perché il presupposto umanistico alla base di quel sogno risiede tuttora nella comune base culturale greca, romana ed ebraico-cristiana. La si può ricostruire in qualche espressione divenuta poi sintesi molto concentrata di una concezione della vita. “Homo sum, nihil humani alienum puto”, sono un uomo e tutto ciò che umano non mi è estraneo.

“Homo homini deus, si suum officium sciat”, l’uomo è un dio per l’altro uomo, se sa qual è il suo dovere nel mondo, il contrario di “homo homini lupus”, insomma. Non ho rinnegato il proposito di non fare citazioni, ma queste sono frasi fino a poco fa ricorrenti nel linguaggio comune degli europei. Oggi non le sentiamo più. E allora, è consentito parlare di età antiumanistica. Come in tutti gli snodi della storia c’è una contraddittoria e approssimativa fase “anti”. Nei primi del novecento si proponeva come antidemocrazia, antindustrialismo, antiparlamentarismo. Oggi, invece? Tutti gli altri “anti” si possono raggruppare nell’antiumanesimo. Che cosa hanno prodotto le pulsioni “anti” del primo Novecento se non il cedimento a opzioni ideologiche di tragica trasposizione politica, i totalitarismi insomma che hanno insanguinato il mondo, con la rinuncia alle libertà e la consegna ai demiurghi e ai padrini della patria. Oggi, invece? Quando si cerca di tappare la bocca agli intellettuali per loro natura critici definendoli sprezzantemente “professoroni”, quando si sente dire da un comico di basso profilo che bisogna finirla con i plurilaureati non sembra l’eco dei deliri nazisti che precedettero il rogo dei libri e delle più grandi opere del pensiero, non tedesco, ma soltanto umano? Ha ragione uno di questi professoroni (niente citazioni!) quando afferma che parlare di ritorno al fascismo è per lo meno inopportuno. Non ci sono le condizioni. Ma di ripetersi di un clima prefascista, si può e si deve parlare. I regimi totalitari hanno avuto lo stesso inizio dovunque: prima hanno aggredito la cultura, dopo l’hanno resa inoffensiva e subito dopo è seguita la soppressione delle libertà, dei diritti civili e umani. Non è detto che questo debba necessariamente verificarsi. Ma se si rinuncia a certe battaglie, ci sono buone probabilità che si verifichi. Una di questa è la ripresa del tema Europa, non dell’Europa della banche o quella di Maastrict o Lisbona. Ma dell’Europa del sogno umanistico, con l’uomo al centro di ogni progetto politico. Di tutti gli uomini. L’unica sovranità possibile oggi è questa. Il resto è sovranismo nazionalistico, il peggio che possa capitare. Avanti allora con l’Europa come società aperta, senza muri e filo spinato, aperta per terra e per mare. Quindi anche ai migranti? Certo, forse soprattutto a loro. Oggi ci troviamo come con i primi “barbari” che sconfinarono nell’impero romano. Li temevano tutti, ma furono loro alla fine a salvare l’impero stesso, ormai stanco e depresso. Come stanca e sfiduciata appare l’Europa di oggi.

Enrico Esposito