La satira è, deve essere, senza ritegno

La satira è la satira. Lamentarsene quando non piace è inutile. Si possono fare tutte le considerazioni che si vuole, ma il diritto alla satira è ineliminabile. Del resto oggi, direbbe Giovenale, “difficile est non scribere saturam”, è impossibile non fare satira e cioè è necessario fare satira.  Poi è il destinatario, ossia il lettore, a deciderne il destino. L’emittente spesso procede per luoghi comuni? E’ un suo diritto. Altre volte abusa della libertà di stampa? Attenzione, la libertà di stampa è un diritto sacrosanto; accusare qualcuno di abusarne risulta sospetto e inopportuno. Ma se il lettore sceglie di valutarla esercita anch’egli un suo diritto. E allora come se ne esce? Non se ne esce, anzi non se ne deve uscire. Piuttosto va colto il messaggio e se c’è da fare autocritica, bisogna farla, senza manifestare insofferenza di alcun genere. Si può fare satira sul terremoto. La scelta del vignettista francese, che oggi fa tanto scandalo, non è gradevole, ma solleva un problema pur condito con i soliti luoghi comuni. Oramai fa parte delle idées reçues  che tutto quanto accade in Italia è mafia. Pensarlo non si può impedire. Evitare che si continui a pensarlo, è dovere di tutti gli italiani. Come? Intanto denunciando i casi di uso mafioso della mafia e adottando finalmente comportamenti e decisioni conseguenti. Più che la satira, oggi offende ricordare che quando gli ambientalisti, amministratori e semplici cittadini, denunciavano l’incuria del territorio, di rado s’è trovato un magistrato sollecito a indagare, un giornalista disposto a pubblicare, un politico capace di giocarsi la carriera dando seguito alle denunce. Oggi tutti piangiamo che non si sia intervenuti con la prevenzione e quant’altro. La solita storia: il pianto sul latte versato. Se poi si trova qualcuno che satireggia su tutto questo, ci offendiamo. Con quale diritto?