L’Europa unita, un progetto sempre attuale e urgente

Il 9 maggio è la giornata dell’Europa. Dopo le elezioni in Austria, Olanda e Francia il sogno unitario delle diverse contrade europee si conferma in tutta la sua necessità e urgenza, a patto di rivitalizzarlo tornando alle origini del progetto di una vera e propria Europa federale. Ma che cosa spinge a credere ancora e sempre nell’Europa? La risposta può darla la rilettura di un prezioso libretto di George Steiner, pubblicato da Garzanti nel 2004, intitolato Una certa idea di Europa. Contiene il testo del discorso tenuto dallo studioso in occasione del prestigioso premio dell’Istituto Nexus di Amsterdam. Si badi al termine, nexus, per non dimenticare che Europa è soprattutto un legame di natura culturale su cui si fonda la sua idea di unità politica. Steiner professa la sua idea di Europa, partendo addirittura dai caffè. “L’Europa è i suoi caffè, quelli che i francesi chiamano cafés. Dal locale di Lisbona amato da Fernando Pessoa ai cafés di Odessa frequentati dai gangsters di Isaac Babel. Dai caffè di Copenhagen, quelli di fronte ai quali passava Kierkegaard nel suo meditabondo girovagare fino a quelli di Palermo. Non si trovano caffè archetipici a Mosca, che è già la periferia dell’Asia. Non ce ne sono nell’America del Nord, con l’eccezione dell’avamposto francese di New Orleans. Basta disegnare una mappa dei caffè, ed ecco gli indicatori essenziali dell’idea di Europa. Il caffè è il luogo degli appuntamenti e delle cospirazioni, del dibattito intellettuale e del pettegolezzo. Lo frequentano il flaneur, il poeta, il metafisico con il suo taccuino. E’ aperto a tutti, e al tempo stesso è un club, una massoneria di identità politiche o artistico-letterarie. Frequentarlo implica già una scelta programmatica … Nella Milano di Stendhal, nella Venezia di Casanova, nella Parigi di Baudelaire, il caffè ospitava quella che poteva essere l’opposizione politica, il liberalismo clandestino. Nella Vienna imperial-regia, e ancora tra le due guerre, i tre principali caffè costituivano l’agorà, l’arena dell’eloquenza e del dibattito: lì si affrontavano le diverse scuole dell’etica e dell’economia politica, della psicoanalisi e della filosofia. Chi voleva incontrare Freud o Karl Kraus, Musil o Carnap, sapeva esattamente in  quale caffè doveva andare. L’ultimo incontro tra Danton e Robespierre ha avuto luogo al Cafè Procope. Quando si spensero le luci sull’Europa, nell’agosto del 1914, Jaurès venne assassinato in un caffè. Ed è stato in un caffè di Ginevra che Lenin ha scritto il suo trattato sull’empirio-criticismo e giocato a scacchi con Trockij … Walter Benjamin, appassionato conoscitore e vagabondo dei caffè, diceva che finché esisteranno mendicanti, ci sarà una mitologia. Finché ci saranno locali come questi, l’idea di Europa avrà un contenuto”.  E invece oggi ci troviamo a parlare d’Europa nei termini voluti dai vari trattati Maastricht e Lisbona. Conforta che il neo eletto presidente della repubblica francese abbia chiuso il suo discorso con il riferimento al trinomio, tutto europeo e denso di avvenire, Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. Ideali ribaditi a Ventotene da Altiero Spinelli, riproponibili oggi più che mai.

 

Enrico Esposito