Non cedere alla disperazione

Hamas non vedeva l’ora di scatenare la violenta e, per alcuni versi, eccessiva reazione di Israele. Era il solo modo per quest’organizzazione di prendersi definitivamente la scena a Gaza e far crescere il consenso delle popolazioni martoriate a suo favore. In entrambi i casi, la risposta di Tel Aviv al lancio di razzi sulle città d’Israele e la strada scelta da Hamas è un cedimento pericolosissimo alla disperazione. Entrambe le parti sanno che un conflitto portato alla estreme conseguenze non è una soluzione e preclude ogni eventuale trattativa per il futuro. Come ogni guerra è la premessa per altri casus belli. Una storia infinita, senza sbocchi e senza speranza. Dalla auspicata soluzione di due stati su un solo territorio si arriverebbe alla legittimazione perversa di due contendenti disperati su una terra di nessuno. Neppure la ventilata minaccia di invasione della Striscia o, peggio, il ricorso alle armi nucleari servirebbe a risolvere l’interminabile contesa. Si formerebbe solo un immenso cratere e montagne di macerie sui quali nessuna ricostruzione sarebbe possibile. Vincerebbe esclusivamente la disperazione totale, con conseguenze irrimediabili su tutta l’area. Se ancora ha un senso, rimane soltanto la speranza che rinsaviscano tutti. Le popolazioni d’Israele e della Palestina vogliono la pace. Chi ha la tremenda responsabilità di decidere lo faccia subito. Non è per questo che avevano pregato davanti al Papa sia Abu Mazen sia Peres?