Si poteva prevedere. Non s’è voluto fare.

Il terremoto politico in Francia prelude ad altri sismi analoghi su scala europea. Ma è uno dei quei movimenti tellurici che era possibile evitare. Marc Lazar, per restare in ambito francese, l’aveva previsto quando, almeno cinque anni fa, metteva sull’avviso la sinistra. Il politologo d’Oltralpe osservava che avere ceduto all’omologazione imposta dalla destra europea e alla conversione all’economia di mercato, con tutti i corollari incorporati di riduzione dei diritti non solo a livello sindacale, povertà crescente e via elencando, avrebbe provocato la sconfitta della sinistra ad ogni occasione elettorale. Per inseguire la destra, si è pensato infatti di oscurare le differenze e ci si è convertiti all’idea, del tutto infondata, della scomparsa anche sul piano concettuale di destra e sinistra. Sicché non si è fatto altro che inseguire la destra liberista e l’economia capitalistica senza alcun freno, riducendo lo stato sociale, il welfare, accettando le politiche europee dell’austerità e del rigore, senza alcuna contropartita nemmeno sul piano dei diritti civili e umani. E tutto questo in Europa, la culla delle libertà e dei diritti del cittadino. Inaudito. Sembrava che bastava inventarsi un Berlusconi a sinistra per vincere la partita. E qualche volta s’è vinto pure. Ma una partita si può anche vincere, mentre è la battaglia finale che non bisognerebbe perdere. E siccome si vive alla giornata, un successo ad un’elezione, locale o nazionale, autorizza a pensare che si possa continuare a vincere comunque. Non si è voluto capire, a sinistra (sì a sinistra, perché la destra non solo l’ha capito che le differenze ci sono, ma su quelle differenze ha scommesso tutto, e rischia di vincere ancora) che una democrazia postmoderna vive di opinioni, più che di idee e che le opinioni per loro stessa natura cambiano da un momento all’altro. Rendite di posizione non ce ne sono più. Tanto più occorre rinnovare il linguaggio nella comunicazione politica, a patto che si proponga un messaggio politico chiaro e ben distinguibile. La sinistra ha rinunciato a farlo. E così tutto appare appiattito e deprivato di originalità. Perché così si spera di vincere, magari puntando su personaggi che ci sappiano fare con le parole e con gli annunci. Siamo alla notte hegeliana, tutte le vacche sono nere, tanto che non fa più differenza votare per un partito o per un altro. In Francia ha vinto Le Pen, ma se avessero vinto gli altri, alzi la mano chi sarebbe disposto a riconoscere la differenza tra schieramenti sempre più omologhi. “Vive la difference” dicevano in Francia, in ben altro contesto, è ovvio. Ma oggi non c’è più altra possibilità se non quella di essere differenti a sinistra, alternativi, come si diceva un tempo. E se la parola non piace, perché sa di antico, si abbia almeno la forza di trovare un sostituto che non puzzi di nuovo senza prospettive, senza valori, senza quei valori che fondano la sinistra, e che in Francia sono ancora esaltati nel trinomio di “Liberté, Egalité, Fraternité”.

 

Enrico Esposito