Siamo come sempre

In una nota durante il lockdown di primavera si diceva che il virus ci avrebbe fatto essere come siamo, saremmo restati quello che siamo. La speranza era che le sofferenze comuni ci avrebbero reso migliori. Non è accaduto, anzi l’odio sociale, il rigetto delle norme più elementari di sicurezza, i dubbi sull’efficacia di qualsiasi vaccino, il rifiuto di riconoscere la potenza devastante del covid-19 sono tutti chiari segni di ulteriore degrado soprattutto soprattutto morale, la cifra dominante di questo reo tempo. Se a tutto questo si aggiunge lo sciacallaggio politico che si abbatte sulla recrudescenza del virus , prevale lo sconforto, incombe la disperazione di potercela fare. La differenza con le reazioni di primavera è palpabile. Nei mesi di marzo-aprile si diceva: andrà tutto bene, io resto a casa. Si cantava dai balconi l’inno alla fiducia che la scienza e la politica ci avrebbero tratti fuori dal gorgo. Oggi ci aggiriamo sperduti, in questo malinconico autunno, che sembra voler irridere a tutti i bei propositi di qualche mese addietro. Abbiamo passato una bella estate, un’estate da naufraghi con l’amara consapevolezza che tutto sarebbe peggiorato e che per questo conveniva godere di quelle poche settimane di tregua. Era il periodo in cui si poteva e si doveva studiare il modo come parare i colpi violenti dell’imminente seconda ondata. L’impegno promesso e sbandierato come un toccasana se c’è stato non è certo stato sufficiente ad evitare il peggio, e cioè l’aumento vertiginoso dei contagiati e terapie intensive in numero inversamente proporzionale alle necessità. Le regioni prima non colpite dal virus, ora sono in prima linea nella triste conta degli infettati. E al sud si trema più che altrove, a causa delle condizioni disastrose della sanità pubblica. Non che al nord vada meglio; anche qui le richieste di potenziamento della sanità territoriale rispetto a quella quella ospedaliera sono state solo in minima, trascurabile parte prese in seria considerazione. E oggi ci ritroviamo nelle stesse condizioni di prima. E’ un fenomeno europeo e mondiale, ma non c’è dubbio che è un fallimento per tutti: l’incubo di una chiusura totale non impedirà di adottare misure restrittive a tutto campo. E intanto si infittiscono i richiami ad osservare le poche regole che potrebbero evitare conseguenze pericolose. Si insiste sull’uso della mascherina, e si fa bene. Ma subito dopo appare sui social il parere di un esperto di giornata che semina dubbi sulla reale utilità della copertura di naso e bocca. Ormai siamo smaliziati e siamo consapevoli che la scienza medica non è una scienza esatta, se ce n’è mai stata una, ma è solo congetturale e che per questo la politica naviga a vista, come si dice, senza nulla sapere dell’approdo che ci attende. Si leverà un fil di fumo all’orizzonte e tutti attenderemo fiduciosi e rassegnati un segnale incoraggiante. Intanto oggi è sabato e le partite di calcio sono chiamate a distrarci; basterà un gol vincente della squadra del cuore per farci esultare. E il virus? Ah, quello farà il suo corso, indifferente e implacabile. Nemmeno si accorgerà delle stragi che dissemina ovunque. E’ solo un virus, che risponde soltanto alla propria natura.

EnricoEsposito