Una visione sbagliata della democrazia

Democrazia non è dominanza del numero. Il prevalere dei numeri non corrisponde quasi mai al prevalere della ragione. Anzi spesso con la forza del numero si realizza l’irrazionale soffocamento di ogni discussione e di qualsiasi confronto. Pensare che la democrazia sia soltanto consentire alla maggioranza di governare è quanto mai primitiva e funzionale solo a progetti a scarsa vocazione, appunto, democratica. Pensare che, specie con le leggi elettorali italiane degli ultimi anni, il potere possa essere esercitato per aver conquistato lo zero virgola qualcosa dei voti rispetto agli altri partiti risponde ad una logica autoritaria. Per due ragioni almeno. Primo, perché non riconosce che nelle posizioni di minoranza si possano trovare elementi utili per la migliore definizione delle proposte di legge e quindi delle decisioni da prendere. Secondo, perché si esautora il parlamento nella sua funzione primaria, che è quella di deliberare dopo aver messo a confronto le diverse proposte su una data materia e di far nascere da tale confronto la soluzione migliore da adottare. Contare solo sul numero non corrisponde certo ai caratteri che la democrazia occidentale ha definito dal Settecento in poi. Piuttosto si rifà alla pratica della democrazia delle origini, quella della Grecia del V secolo avanti Cristo, quando appunto si imponeva il cratos del demo, e cioè la dominanza nuda e cruda del numero. Ma che democrazia era quella? Quella di Pericle, cioè,  che già i suoi contemporanei definivano “democrazia solo a parole?” Quella che con una buona dose di superficialità nei giorni tristi della crisi greca veniva invocata contro la Germania della Merkel? No, la democrazia ha una sua storia, che matura, pur fra tante contraddizioni, dalla Rivoluzione Francese ad oggi. Passando per  Tocqueville, Montesquieu,  Stuart Mill e via elencando. Sarebbe veramente un pericoloso paradosso se oggi la democrazia dovesse ritornare ad essere solo dominio della maggioranza. Sarebbe la fine della democrazia stessa, che si alimenta e deve continuare ad alimentarsi di confronti, anche duri e serrati, ma sempre orientati verso la realizzazione di quella che una volta si chiamava “volontà generale”. E per essere generale, qualsivoglia soluzione deve poter contare sull’apporto di tutti. Ritorno all’Illuminismo questo? Ritorno all’Illuminismo. E allora?